sabato 19 luglio 2014

21 giugno: Notte prima degli esami e Amarcord…





È la notte del solstizio d’estate e mentre dall’altra parte dell’emisfero la nostra nazionale si flagella per quel goal di Ruiz al quarantaquattresimo, io mi barcameno tra i dubbi last minute di una promessa sposa e quelli di una studentessa a poche ore dall’esame orale.
Per essere più precisa cerco di confortare la fatina M. sottovoce e in bilico nell’unico microangolo libero del letto, alla luce di una candela profumata alla viola, tanto per dare una nota romantica alle mie notti visto che il mio coinquilino rantola rumorosamente sul lato destro del talamo nuziale e la piccola C. ha invaso la restante piazza e mezza e riposa beata, distesa a stella marina.
«Vedrai che il vestito sarà perfetto…»
«Non mi allarga i fianchi vero?»
«Ma se hai un vitino di vespa!»
«Dovevo prenderne uno stile impero così potevo divorarmi l’intero buffet degli antipasti…»
«Qualcosa mi dice che non avrai molto appetito…»
«A proposito di appetito… Secondo te avrò fatto bene a mettere il flan di asparagi con la fonduta di toma d’alpeggio? E se non stanno bene insieme?»
«Stai tranquilla. Non credo che qualche invitato si faccia domande sulla liason tra l’asparago e la toma. Quelli mangiano e basta…»
«Sì, sì hai ragione. E il risotto al prosecco mantecato al Castelmagno? Sarà mica indigesto?»
«Si papperanno pure quello vedrai.»
«Tu dici? Beh speriamo… e speriamo anche che non piova…» sospiro dall’altra parte della cornetta «E se invece piove?»
«Ci sarà il sole però tu ora riposa. Che mancano meno di 24 ore al grande giorno!»
«No, no non ricordarmelo. Se no vado nel panico!»
«Mà non riesco a dormire…» F. a piedi nudi e pigiama a righe “stile condannato” e immancabile smartphone trasformato in torcia luminosa per l’occasione, mi appare davanti insieme a tutto lo staff dei timori, dubbi e inquietudini esistenziali della notte prima degli esami unite alle paturnie evergreen di una quattordicenne.
Congedo la sposa rassicurandola sulle condizioni meteorologiche avverse previste per il weekend e passo ad occuparmi di F.
«È normale. È la tua notte prima degli esami. Capita a tutti» e le accarezzo i capelli scompigliati.
«Anche a te?»
Io annuisco «Quando facevo gli esami sì. Sempre»
«Non mi ricordo niente…»
«Ti ricordi tutto. Ti ho sentita solo poche ore fa…»
«Sì ma ora non mi ricordo niente…» poi guarda con aria speranzosa il minuscolo spazio libero a bordo del letto «Posso dormire qui?»
L’ennesimo rantolo del coinquilino spezza il silenzio e affloscia anche la fiammella della mia candela profumata.
«Ehm… forse è meglio se vengo io di là da te…»
Ci spostiamo di camera, chiudiamo le porte e finalmente assaporiamo i primi minuti di silenzio di questa strana notte. Ma non ne passano molti che…
«Mà…» mi chiama ancora. Io mi aspetto l’ennesimo quesito pre esame e invece come un’interrogazione non programmata, mi arriva a sorpresa una domanda tutta nuova «Com’eri tu alla mia età?»
“Eh insomma” vorrei risponderle…
Ho dei flashback delle fasce di pizzo che mi mettevo in testa come fan della signorina Ciccone, dei lucidalabbra pastosi alla fragola che immancabilmente si scioglievano nelle tasche degli shorts che tagliavamo con la forbice sopra le ginocchia.
Ripenso alle montagne di “Cioè”, “Ragazza In” e “Dolly” arraffati dalle edicole e divorati nei sottoscala con le amiche per capire che caspita significava “petting” e carpire ogni segreto del bacio alla francese.
Erano altri tempi, lontani da internet e da facebook. I ragazzi, quando ti andava bene, li conoscevi giocando a pallamuro e li baciavi giocando a nascondino.
Fiorello aveva ancora il codino e Jovanotti era posseduto da uno pseudo avatar che portava il cappello da basket al contrario e voleva a tutti i costi diventare presidente.
Steve Jobs aveva inventato il primo Mac ma io non me n’ero nemmeno accorta: quando parlavi di computer pensavano tutti al Commodore 64 annesso di Pacman e fantasmini bicolore.
A volte ci si rannicchiava sul divano con gli amici a vedere qualche film del terrore preso a noleggio tanto per tirare fuori un po’ del nostro coraggio di neo adolescenti di fine anni Ottanta.
Anche se io sinceramente mi nascondevo gli occhi con le mani e tremavo di paura.
Proprio come la notte prima degli esami.
Perché quella paura lì, in fondo resta sempre la stessa, quella che ora ha F.
Anche se in mezzo è passato un trentennio…
«Più o meno come te ma senza facebook e smartphone…» le rispondo alla fine della mia lunga riflessione.
«No dài, ma che sfiga…» ribatte subito convinta. Anche perché le sembra impossibile pensare che è esistito un tempo in cui se sentivi una canzone che ti piaceva un sacco, non avevi alternativa che aspettare che il pezzo passasse alla radio per poi pigiare in concomitanza il tasto “rec” del tuo stereo, sperando che la cassetta mangianastri avesse ancora spazio e che quel deficiente dello speaker non ci parlasse sopra.
Altro che l’app Shazam…
«Beh allora era normale così…»
«Molto meglio essere una ragazza del duemila.» Aggiunge fiera lottando con uno sbadiglio. «Secondo me quando eri giovane tu era una noiossima palla…» e riflettendo sul contesto sociale sfigato e offline della mia adolescenza, si gira pacifica su un fianco e scivola lentamente tra le braccia di Morfeo…


venerdì 4 luglio 2014

Un esame, un compleanno, un matrimonio e… un mondiale! 2° puntata

19 giugno: il mio compleanno e... 1° giorno dei mondiali: Italia-Costarica

Ore 7,00



La sveglia suona e io la metto a tacere all’istante.
Ha poco da fare casino tanto sono già sveglia.
Praticamente non ho chiuso occhio visto che la notte appena trascorsa era troppo importante: segnava il fatidico passaggio dagli “enta” agli “anta”.
Per documentarmi a dovere ho navigato su internet alla ricerca dei possibili effetti collaterali del passaggio di decina.
L’insonnia era uno dei primi in effetti…
Seguita in buona compagnia da: irritabilità, aumento della pressione arteriosa, vampate di calore, osteoporosi, tachicardia e ovviamente aumento ponderale.
Sì certo, non è una tragedia e in effetti esistono cose di gran lunga peggiori.
Come compiere gli anni il giorno della partita della Nazionale. A me è già andata di lusso perché, a quanto pare, sono nata con 24 ore di anticipo.
Ma sono incazzusa lo stesso…
Perché se fino agli sgoccioli dei trenta ti crogioli nell’illusione di essere una ventenne con un po’ di esperienza di vita in più, dopo non c’è appiglio che tenga…
E quelli che ti propinano le amiche più giovani, ancora lontane dall’infame traguardo, sono tutte palle consolatorie senza nessun barlume di verità.
E io lo so, lo so bene.
Per questo ho fretta di alzarmi per constatare di persona tutto il devasto che si è portata dietro la notte appena trascorsa.
Mi guardo allo specchio e mi sembra di vedere squadre di radicali più liberi che mai scorazzare intorno al mio contorno occhi che già mi appare più plumbeo del solito.
Desisto e passo alla fase di ispezione due: controllo del peso.
Salgo sulla bilancia che non dà cenni di vita perché me la sono comprata in un momento in cui ero assoluta seguace dello still life eco compatibile e funziona soltanto se esposta a luce solare.
Sbuffo e, con addosso ancora il pigiama, esco sul balcone e sporgo fuori la bilancia alla ricerca dei primi pallidi raggi di sole.
La signora di fronte tutta affannata si affaccia a sbattere i tappeti, poi si accorge di me e mi indirizza uno sguardo compassionevole.
Poi giungono altri segnali di vita dalle tapparelle attigue e allora decido di battere in ritirata.
Vorrà dire che vivrò il mio primo giorno da quarantenne con l’illusione di essere in forma perfetta.
Mentre mi vesto cerco qualcosa che in qualche modo camuffi l’anno in più: un abito che non lasci scoperte le gambe (che già noto afflitte da ricrescita villosa e precoce sicuramente dovute al fatidico passaggio), che scenda morbido sui fianchi e che magari abbia anche un effetto push up.
Sposto le grucce ma ovviamente non trovo niente del genere e quindi opto per il solito top morbido e pantalone.
Vorrà dire che in onore del mio compleanno farò shopping sfrenato…
A più non posso.
Dopodomani F. ha l’orale e devo ripassare con lei. E fra tre giorni si sposa la mia amica M., quindi quel che resta del mio budget devo dedicarlo a trovare qualcosa di decente da mettermi.
Dallo specchio dell’armadio noto con disappunto che l’umidità mi arriccia tutto il carrè rendendolo simile al pelo di un gatto randagio dopo un temporale estivo.
Tra l’altro la fortuna ha deciso di farmi un altro bel regalo: mi ha resa damigella insieme a tre splendide fanciulle di unmetrosettantaefischia che, munite di chiome lunghe e fluenti, sfileranno verso l’altare con bouquet fioriti precedendo la sposa.
Se entro dopo di loro sembro la bambina porta fedi, solo con molte rughe in più.
Tutta afflitta dai miei pensieri molesti salgo sul bus.
“Signora vuole sedersi?”
Una ragazzina piercing munita, con metà capo rasato mi sorride e mi cede, inaspettatamente, il posto.
E qui i casi sono due: o la ragazzina è squisitamente gentile o io inizio ad apparire veramente vecchia.
Perché sono almeno vent’anni che scorrazzo sui bus e ‘sta cosa non mi è mai successa…
“No, grazie. Sono quasi arrivata” mento spudoratamente visto che mancano ancora ventidue pressanti fermate.
Per distrarmi dai pensieri sbriciola autostima, mi metto ad origliare la discussione animata di un gruppetto di ragazzi adolescenti già addobbati col tricolore di prima mattina.
“Massì che coi Watussi vinciamo domani…”
“Macchè! Quelli al caldo ci sono abituati! I nostri sono tutti spompi già al quattordicesimo.”
“Eh ma spompi o no con gli inglesi abbiamo vinto.”
“Perché quelli ci avevano caldo come noi… Guarda che questi qui agli uruguayani gli hanno mollato tre mappine eh…”
“Che saccagnata però. Ma in Uruguay che tempo fa? Caldo o freddo?”
“E io che ne so! In vacanza vado a Cesenatico!”
Distratta dalle disquisizioni sulle condizioni climatiche uruguayane a momenti mi perdo la fermata.
Scendo di corsa e poco dopo ho già il fiato corto e il cuore che sembra schizzare fuori.
Eh sì, wikypedia lo diceva chiaro: affanno e tachicardia, gli altri compagni molesti dell’invecchiamento precoce.
Mentre boccheggio cercando di riprendere fiato mi ritrovo davanti alla parafarmacia del corso che, invitante, mi ammalia con le sue beauty offerte promozionali.
Forse è arrivato il momento di agire.
Una giovane e levigata commessa mi sorride benevola.
“Buongiorno. Posso fare qualcosa per lei?”
Decido di essere sincera anche perché il tempo corre, in tutti i sensi purtroppo.
“Ehm salve… senta mi consiglia qualche crema anti età’?”
“Certamente. Quanti anni ha?”
‘ranta…” bisbiglio sottovoce.
Cinquanta?” solleva le sopracciglia perfettamente delineate con aria stupita.
“No, quaranta…” preciso indispettita “Compiuti solo da qualche ora eh…”
“Ohhh mi spiace tanto.” Ribatte sinceramente rammaricata “Però non si preoccupi. Ora vediamo di rimediare ehm… il rimediabile” mi lancia un’altra occhiata furtiva e poi ancheggia sinuosa da uno scaffale all’altro, svuotandoli per metà.
Mentre io sto ancora meditando su quale sia l’esatto significato di “rimediare il rimediabile” lei depone una montagnola di flaconi, blister e tubetti sul bancone “Diciamo che per iniziare questi dovrebbero bastare…”
“Mi serve tutta questa roba?” domando esterrefatta.
“Come minimo. Deve combattere l’invecchiamento in modo massiccio, le servono antiossidanti, leviganti, esfolianti, miorilassanti e ristrutturanti di barriera.” Ad ogni definizione mi mostra un prodotto e poi aggiunge con delicatezza “Sa, avere quarant’anni non è mica come averne venti…”
Ma va? Grazie per la perla di saggezza!
“Però lei è fortunata. La cosmesi ha fatto progressi enormi e anche lei ne potrà beneficiare” le sue labbra lucenti di gloss si piegano all’insù  “Grazie ai poliidrossiacidi come il gluconolattone e il lattobionico potrà tornare ad avere la pelle di una ragazzina…”
Non so perché ma il termine “lattobionico” mi fa venire in mente un supereroe muscoloso tutto intento a poppare da una tettarella siliconata e la cosa mi fa alquanto ridere.
Lei invece è serissima. “Guardi che la lotta ai segni del tempo è una cosa seria…” si affretta a rimproverarmi.
“Ehm sì… E quanto mi costerebbe tutto questo?” chiedo indicando quel pout pourri che mi garantirà eterna giovinezza.
Le sue dita affusolate dalla perfetta french manicure scansionano meticolose ogni confezione. “Soltanto ottocentocinque euro e novanta…”
Al ferale annuncio divento più pallida del suo camice “Ehm … E solo il glucolattone quanto costa?”
“Il gluconolattone intende?” mi corregge lei “Il minisiero da 5 ml novantasette euro. Ma se non me l’abbina all’acido lattobionico non mi sento di assicurarle il pieno funzionamento delle proprietà ossidirliche sull’epidermide l’avviso…”
“Sarebbe a dire?”domando piuttosto confusa.
“Sarebbe a dire che le rughe se le tiene” ribatte spazientita una signora con gli zigomi push up in coda dietro di me.
L’orologio intanto batte le nove e io capisco che devo sbrigarmi.
“Beh senta, magari ci penso eh… Grazie.”
“Ecco sì, faccia così che è meglio per tutti…” mi scavalca già senza troppi complimenti Miss Zigomo Alto.
“Ma non vuole nemmeno la crema antiossidante alla quercetina?” ritenta ancora la commessa “Oggi è in offerta a settantacinque euro!”
Io penso alle mie rughe e poi a tutte le cose belle che potrei fare con quella cifra.
Allora arraffo dallo scaffale un pacco di caramelle fuxia per combattere la flora batterica e le porgo alla commessa “Ci ho ripensato. Prendo solo queste”.
Esco accompagnata da una scia di dissensi di sottofondo senza alcuna nostalgia per la mancata adozione di glucolattoni e affini.
Mi specchio in una vetrina e crucciata osservo la ruga vicino alle sopracciglia.
 Sul cellulare intanto vibrano i primi messaggi di auguri che mi mettono di buonumore.
Rincuorata dalle manifestazioni d’affetto che arrivano dall’etere mi ritrovo a sorridere. Accarezzo la mia ruga pensando che in fondo fa parte di me. Poi sorrido e riprendo a camminare serena pensando che forse, d’ora in poi, diventeremo buone compagne di viaggio…




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