Eccomi qui. Negli ultimi post abbiamo parlato delle tribolazioni assortite dei single grazie all'effervescente #Psicogaia, che è sempre all'opera nell'aggiornare il suo "bugiardino dell'amore" per darci qualche suggerimento sui possibili effetti collaterali.
E mentre con Gaia stiamo per preparare una sorpresa che prende spunto proprio dalle pagine di Viola, ho fatto una proposta indecente (siamo in periodo 50 sfumature no?) ad una carissima amica, giocoliera di parole. Davanti ai maltagliati alle verdure, in una delle pause pranzo finalmente non condivise solo con mouse, tupperware e desktop, le ho lanciato lì il tema "solitario", senza nemmeno avvolgerlo con la carta celeste Tiffany.
Sapevo che sarebbe stata superflua: a confezionare le parole ci avrebbe pensato lei con il suo dono che, mannaggia ci permette solo di assaporare a spizzichi e bocconi, incastonandole una ad una per montare un racconto dal taglio perfetto. Come un diamante.
E quindi, lettori e lettrici, che siate single o in coppia poco importa. Non potete perdere "Insolitario" di Miranda Martino. Un post che risplende di luce. E di quella si sa, abbiamo bisogno tutti...
Se penso alla solitudine mi chiedo
se il passero solitario fosse single, se l’asola ha nostalgia del bottone e se
è vero che sulla scala musicale il sol non abbia amici. Certo quando prova ad
accordarsi diventa monotono (SOL-FA, SOL-FA), oppure venale (SOL-DO) o preda di
manie di grandezza (RE-SOL). Meglio sol, ma proiettato verso il futuro (il SOL
dell’avvenire).
In casa non va meglio, con il
solaio depresso perché è calpestato da tutti, mentre al terrazzo è andata
meglio: esposto in piena luce è un solarium. Procedo nel mio soliloquio, faccio
un assolo di pensiero egocentrico e autoreferenziale, un solipsismo. E mi
domando se “Solo” non sia un posto, un luogo comune in provincia di solitudine,
dove pare che al supermercato vendano solo monodosi, dove gli hi-fi hanno solo
l’uscita audio mono e non è previsto lo stereo, ma pullulano gli stereotipi. E
allora un uomo solo vuole solo divertirsi e una donna sola è solo una zitella.
Che se sei solo t’illudi di essere felice, ma tanto lo sai anche tu: prima o
poi ti verrà quello strano appetito, che non è proprio fame, è più famiglia.
Io non conosco la ricetta giusta
ma un ingrediente ce l’ho: il riso. Aggiungete riso e vedrete che in un attimo
tutto si stempera e possiamo proseguire sulla nostra strada a dispetto delle
regole. Che poi, se una regola è imposta può voler dire due cose: è una tassa o
una finestra. Dipende da come la viviamo noi.
Ripromettiamoci di non essere
soli ma solerti, solenni e solitari come il diamante, incastonato senza nessun
altro orpello intorno. Brilla per lucentezza e sottrazione del superfluo, c’è
solo lui e si mostra in tutta la sua bellezza. Solitariamente bello. E la
bellezza è una calamita, attira altra bellezza. Allora siamo solitari rilucenti,
soli risplendenti perché, come dice Alessandro Bergonzoni, “soli si
sorge”.
Copyright Martino Miranda Immagine di Roberto Totaro http://balloonstrips.blogspot.it/2006/12/nirvana-di-roberto-totaro.html
Le sette e quindici, annunciate da una mitragliata molesta di bip
digitali.
Le dita di Alice riemergono pigre
dalla trapunta, risalgono il cuscino e atterrano decise sul pulsante infernale,
nel tentativo di far tacere la sveglia.
Almeno fino alle sette e venticinque, quando le toccherà
sciacquare con acqua fresca i sogni, inghiottire un espresso bollente e correre spedita al centro commerciale, in quel covo selvaggio definito con eufemismo“Box informazioni”.
Infila la divisa, noiosa e anonima,
camicia in polipropilene e la longuette blu che le stringe troppo i fianchi, raccoglie i capelli attorno ad un
fermaglio agguanta
la borsa e pigia decisa il pulsante dell’ascensore.
Il piccolo ovale di plastica però
non dà segni di vita. Aggrotta le sopracciglia, arriccia il naso, fa una
linguaccia ma niente… l’ascensore non arriva.
Sette
e quaranta. Alice osserva
l’incedere incalzante delle lancette colorate sul quadrante dello Swatch, maledice quel condominio in cui
non funziona mai niente, mette il broncio e si rassegna a fare sei piani a
piedi.
Quinto
piano. Ci abitano quegli
spigolosi e spocchiosi dei Santini, che lei ha soprannominato i Bizochi. Santificano ogni festa
comandata, sono in prima fila alle processioni patronali, e di sicuro non
mangiano le bistecche il venerdì ma, non appena lei accende la Wii, ecco che si precipitano a suonarle
il campanello e in modo ben poco religioso, la invitano ad interrompere il suo
unico momento fitness della giornata. È solo colpa loro se poi la gonna le
stringe sui fianchi. Alice non li sopporta, anche perché, a dimostrazione
della loro assoluta tolleranza verso il prossimo, sotto lo spioncino hanno
attaccato un adesivo fosforescente con la scritta:“Per i testimoni di Geova: non bussate siamo
cattolici”.
Ed è stato subito chiaro che si
trattasse di un messaggio rivolto alla povera Signora Rosetta che dal quarto piano ogni domenica mattina
saliva in su e in giù, gradino dopo gradino, per consegnare ad ogni inquilino
un vassoio di strufoli al forno e un opuscoletto sulla fine del mondo, infischiandosene
degli adesivi intimidatori.
Sembrava un’inossidabile
predicatrice e invece la scorsa settimana si è accasciata alla fermata Metro del Lingotto mentre distribuiva
tirature illimitate di giornaletti con la scritta “Svegliatevi!” a sonnolenti e sbadiglianti pendolari.
E ora Alice osserva la sua
dieffenbachia tutta spelacchiata e con le foglie all’ingiù, e pensa che la
poveretta avrebbe bisogno di sangue come la sua pianta di acqua, ma la
questione è molto delicata e se non si sbroglia in fretta c’è il rischio che
appassiscano entrambe…
Due file di gradini ed eccola
sbucare al terzo piano: quello della
superfamiglia Poffi.
Madre, padre e quattro figli, in età
scolare assortita e un beagle che
sonnecchia perennemente sul loro zerbino. Ogni volta che li incrocia le viene in mente la famiglia perfetta: mamma e papà si tengono perennemente per mano, si chiamano sempre “amò” e hanno
salvato sui reciproci smartphone lo stesso nomignolo.
E poi, dettaglio non trascurabile,
possiedono la collezione aggiornatissima di tutti i dvd della Wii che le prestano sempre con
gentilezza, anche perché costano un botto e lei, con la miseria che prende come
addetta box informazioni, col cavolo che se li potrebbe permettere.
Da qualche giorno incontra spesso la
Supermamma in ascensore, sorridente e rilassata, forse perché marito e prole
sono al campo Scout e lei tira un po’ il fiato
povera donna…
Mentre dal terzo piano scende al
secondo, imprecando per le decolleté con
la punta stretta che l’ignobile Direttore ha imposto tassativamente nel dress code, si accorge del perché
l’ascensore non ha risposto al suo richiamo. La cabina sembra bloccata.
«Tutto bene? C’è qualcuno?» chiede
bussando alla porta che si intravede per metà, senza ottenere nessuna risposta.
Alice prosegue la discesa attraversando
a razzo il secondo piano per non
finire tra le grinfie dell’ex colonnello Giulio Tolmini, un gagliardo
ottantenne che, tutte le volte che la incrocia, la aggiorna con dovizia di
particolari sui suoi ultimi check up , maledice l'incremento dei ticket e la invita sempre a mangiare da lui i
tortellini in brodo col dado del giorno prima, perché oltre ad essere
ipocondriaco è pure tirchio.
Sette
e cinquanta. Saltando
i gradini a due a due, Alice atterra al
primo piano e quasi inciampa sullo zerbino lustro lustro della Signora
Precisetti il cui uscio socchiuso diffonde già un profumo di ragù e il frastuono
dell’aspirapolvere passata a manetta. Come sempre non si accorge di niente,
perché è troppo indaffarata tra acari e soffritti.
Finalmente raggiunge il pian terreno dove la coppia di custodi
storici, Renzo e Maria, si aggira con aria concitata attorno all’ascensore.
La Signora Maria trotterella avanti
e indietro, farfuglia frasi a metà e, ogni tre passi, strattona il povero Renzo
che a sua volta cerca di comunicare sia con l’inquilino X chiuso nella cabina
dell’ascensore, sia con il clone furioso di Superpapà, alias signor Poffi, di
solito mansueto come il loro beagle
ma che oggi continua a sbattere i pugni contro l’ascensore, paonazzo e
collerico.
«Che succede?» domanda all’inquieta Signora Maria. Lei sospira, si trincera nell’usuale riservatezza
da portinaia e poi alza gli occhi al cielo, ripetutamente, senza proferire una
parola.
Alice vorrebbe saperne di più ma
sono già le sette e cinquanta e deve correre all’ipermercato. Se ritarda anche
solo di un minuto quel viscido del Direttore le scala un quarto d’ora.
Si lascia le disavventure del
condominio alle spalle, accelera il passo, rimaledice le scarpe che ora le
hanno fatto spuntare una vescica sull’alluce, raggiunge trafelata il centro
commerciale e striscia il badge alle otto
in punto.
«Fai con calma Alice, oggi si fa
festa.» l’accoglie la collega tutta pimpante.
«Che succede?» domanda per la
seconda volta nella mattina.
«Succede che hanno silurato quello
stronzo del Direttore» puntualizza l’altra con allegra soddisfazione, impilando
i dépliant con le offerte del giorno.
«Davvero? E come mai?»
«Pensa che l’hanno beccato mentre
trafugava dvd della Wii! Che figura!»
continua ridacchiando e ritirando una scheda completa di bollini.
«I dvd della Wii? Ma… che se ne faceva?»
«Eh… li regalava alla sua amante.
Una tipa con un sacco di figli che abita dalle tue parti…», si intromette una collega
più anziana consegnando al cliente della scheda un tris di padelle antiaderenti,
«Sembra se la spassassero in ascensore… cose dell’altro mondo!»
Copyright Monica Coppola Immagine Maria Teresa di Mise
“Se stiamo insieme ci sarà un perché e vorrei riscoprilo stasera…” celebrava Cocciante.
Riscoprirlo come e con chi aggiungerei, ma a questo sollecito di domande vi
sarà data risposta durante questa seduta
comoda e spassosa, con l’ausilio di Freud&co. Non serve sprecare momenti
preziosi in sterili litigi? E quali sarebbero gli sterili litigi? C’è un
top parade che non conosco di motivi validi per discutere? Ovviamente sì
e la mia è una delle tante provocazioni per invitare a riflettere, stavolta con
tanti sorrisi. Ci sono eccome, ma a quale coppia non è mai capitato e capita di
discutere del “niente”. Se ci
fossero solo motivi importanti e validi, ci sarebbe lo sterminio della
“coppia”. Quindi caro Riccardino, che tra l’altro ti adoro follemente, questa
è, invece, l’unica via percorribile per noi. Arrendiamoci pertanto, senza alcun
“désolé” e partiamo, perché no, da ciò
che divide per comprendere cosa davvero unisce due persone perché in
fondo la coppia è quella malattia di cui essa stessa può essere la cura.
Chi sono i fidanzati di oggi? Fidanzati
per finta (che lo vorrebbero essere) che si auto fidanzano e fidanzati
dichiarati, con tanto di giuramento solenne, che sembrano, anzi sono dei fake.
Adesso sono qui per dare a loro una
bella spettinata, agli innamorati chic to chic, che disegnano cuori,
annunciando con voce baritonale “sono fidanzato… Io e lei forever”, con tanto
di lucchetto (peccato che hanno sempre pronta la chiave per aprirlo. Dovesse servire
all’evenienza). E che male c’è alla
fine? Siamo solo fidanzati. Non è mica la fine del mondo. Mi sembra di
sentirli… Anzi li ho proprio sentiti e
scoperchiati, giusto il tempo del quasi mi innamoro.
A voi fidanzatini che mi avete rincorso
con l’asma per tutte le strade, che avete causato catastrofi naturali e avete
attentato alla mia vita, mi rivolgo (e non solo). Perché vi fidanzate (a tutti i costi)?
Sembra che oggi ci si fidanzi, perché si è convinti che il fidanzamento sia come il più semplice e naturale dei passatempi:
una sorta di yo-yo. Ci si dimentica, invece, che la relazione di coppia, è come il più complicato dei puzzle. Il non riuscire, di fatto, alla
realizzazione del puzzle, alla lunga
determina nei fidanzati dolore e
delusione nonché insonnia, ansia, colite spastica, e, in alcuni casi,
meteorismo a giorni alterni; inspirate come l’ho fatto io quando ho scoperto,
dopo aver dormito beatamente nel vostro letto, che stavate con un’altra da
anni. Omissione grave e per questo non ho pietà per voi, qui non c’entra il tradimento. Tutt’altra
storia. Qui si parla di voler stare
assieme a tutti costi con una persona e, nel frattempo, gironzolare intortando anche la più scaltra delle femmine. Perché vero è che noi donne non sbagliamo mai, con i sentori e
fetori, tranne quando ci innamoriamo diventiamo delle analfabete e prive di
olfatto.
Ricordo ancora quel fidanzato,
riconosciuto e dichiarato sempre troppo tardi, che si era messo le lacrime
artificiali per farsi un bel piantino dicendomi “sei la donna che ho
sempre voluto, non ti voglio perdere, sei indispensabile per me”… “L’importante
per me è la tua felicità, lo sai”. Che il coccodrillo, assieme ai tuoi
goccioloni ti divori! Nel frattempo
vado a pensare a me stessa, e non alla tua tomba. Sono stronza forse?
Probabile e in questo caso non me ne vergogno. Perché siete fidanzati? O meglio perché avete a tutti i costi intenzione di fidanzarvi? Ve l’ha consigliato il
dottore? Temete che, se non foste fidanzati con qualcuno, ciò significherebbe
che non avete sex appeal o non siete al passo con i tempi? Rispondete, una
volta per tutte, a queste e a tutte le altre domande clou sul vostro rapporto.
Lasciate da parte i pistolotti alla Telecom-Amleto (mi ami? E quanto mi ami… La
solita nenia che non ha età e capelli brizzolati). E che cavolo! Andiamo al
nocciolo della questione. Chiedetevi e
chiediamoci “questo partner è giusto per me? Sto bene con lui per quello
che è, per quello che rappresenta (l’idea dell’amore), e forse anche per quello
che ha: bellezza, status, potere, soldi, un’irresistibile carica erotica da
Topo Gigio.
Lo amate perché, fra voi, c’è veramente
del feeling o perché l’idea di rimanere soli, come un microbo in mezzo agli
antibiotici, vi fa mancare l’aria? Siate, siamo onesti.
Dite tutto ciò di cui avete bisogno e
che il partner non vi dà o non sa del tipo calare di 40 e passa chili,
tagliarsi i peli delle orecchie e del naso, stare più attendo all’alito,
soddisfarvi sessualmente più di una volta al mese, ascoltarvi senza i tappi
alle orecchie, decidersi di non vivere più sotto ai ponti ma con voi, non fare
più gli sbuffetti mentre fate l’amore, limarsi ogni tanto l’unghia dell’alluce
onde evitare squarci notturni (i piedi degli uomini possono essere delle armi
contundenti), eliminare dal vocabolario la parola “frequentarsi”, essere più
intellettuale e smetterla di parlare come degli scaricatori di porto.
Dite, insomma, tutto ciò che avreste sempre voluto dire senza aver paura di
apparire grossolani o meschini (tanto se lo siete, lo siete). Se non rispondete
alle domande con onestà e franchezza i casi sono due: o la vostra unione è un
grande bluff o il vostro partner sta tentando di strangolarvi (benissimo,
finalmente si sta mostrando per quello che è). Mi rendo conto, dopo tutto
questo discorso che la gente sembra veramente vivere su un altro pianeta.
Instaura rapporti commedianti, basati
su concetti fantastici e aspettative da soap opera circa la consistenza
del partner, le sue motivazioni, il suo modo di vestire, la sua capacità di
dispensare baci “col frullo” e via dicendo. Perciò mescolando, realtà e
fantasia, ci fidanziamo con Rintintin,
convinti che sia un Principe ben addobbato, o ci innamoriamo di un Peter
coniglio o Peter Pan, certi che esso sia una Cenerentola.
Se continuiamo a idealizzare i legami, tra l’altro in maniera confusa, non
arriveremo più a dire che il nostro partner è cambiato o non è più quello di
una volta, ma dovremo ammettere di non averlo mai visto per quello che era
(nemmeno dal punto di vista favolistico).
Fidanzarsi è come firmare una polizza assicurativa. Tutto sembra a nostro
vantaggio, ma sicuramente, si finisce sempre col sottoscrivere pure qualche
clausola vessatoria ben nascosta.
Bisogna essere mezzofondisti dell’amore
per resistereai logoramenti della vita a due. Gaia Parenti Potete scrivermi a psicogaia18@yahoo.com
La
constatazione nasce da anni di osservazioni costanti e ravvicinate, di soggetti
appartenenti alla specie protetta dei
“sopravvissuti all’amore”, con annesso diritto di recesso, perché hanno
il marchio del fidanzamento ufficiale.
A loro tutto è concesso. Magari sono pure stracornuti, ma per la società, il
loro dovere lo hanno fatto, mentre noi single siamo démodé, diavoli con quattro
teste, senza nessuna al posto giusto.
Ciò che desidero raccontare, ripescando tra la biancheria che non
utilizzo più, è la realtà dei single e degli aneddoti di persone come me, diversamente
provviste di partner, costruiti per sopravvivere in una realtà decisamente
non single. Il caso è preoccupante (forse), ma sono riuscita a destreggiarmi
con qualche bizzarra e folle nefandezza o copione collaudato da donna
perfettamente accessoriata di cotanto uomo (e donna) alla bisogna, messo in
scena durante i ritrovi familiari, Natale, Pasqua, ecc… Di seguito quelli più
folli (e realmente accaduti), dove ho giocato di ironia per sdrammatizzare e
per mettere in difficoltà la santa inquisizione.
Scena n. 1. Durante il ritrovo bimestrale o annuale della famiglia al
completo, parenti e amici mi chiedono ansimando: “Come mai sei ancora single?
Hai qualche problema?”. La mia risposta… “No, nessun problema se non quello del
troppo sesso, ho l’imbarazzo della scelta per questo sono single e tu ne fai
abbastanza?”. Silenzio con tanto di volti colorati delle tinte più disparate. Scena n. 2. Cena prenatalizia. Tutti accoppiati. Qualcuno rompe
l’imbarazzo e chiede a me che sono naturalmente seduta a capotavola, il posto
d’onore per l’interrogatorio, “…senti ma il fidanzato ancora non ce l’hai? Cosa
aspetti?”… mmm: “Guarda doveva venire la mia ragazza, ma all’ultimo minuto al
suo pesce rosso le è preso una crisi epilettica”… Li ho lasciati appositamente
muti come pesci! Scena n. 3. Ritrovo organizzato dal clan degli ammogliati e fidanzati
(trattasi di amici in questo caso). Uno alla volta, mi chiedono perché sia ancora
single, qualcuno lancia l’idea che non mi voglio prendere responsabilità o che
sono difficile da accontentare, che nessuno mi va bene (il che è anche vero, ma
saranno c… miei). E da quel tavolo sento un vocina inquietante che mi dice:
“Come fai a stare senza una persona che ti completi e dia senso alla tua
vita?”… “Guarda sono talmente al completo che mi sento stretta e stasera, non
sapendo chi portare, tra i miei fidanzati, ho deciso di venire da sola”. E
ribatto: “E tu ti senti incompleta senza il tuo lui?”, Che rimedi naturali usi?
Tagli la mela e te l’appiccichi addosso?”. Scena n.4. Matrimonio prestigioso con tanto di cappello. Penso subito a
chi portare come cavaliere per non creare imbarazzo agli sposini. Chiamo un
conoscente, neppure un amico, e gli chiedo “potresti accompagnarmi ad un
matrimonio facendo finta di essere il mio compagno?”. Il ragazzo, molto più
giovane di me, e quindi doppio smacco, è stato il fidanzato perfetto per un
giorno, con gli occhi indiscreti di tutti che ci guardavano (invidiosi a parer
mio). Amoreggiavamo come due sedicenni (niente sesso nei bagni o dietro i
cespugli anche se…).
Cascando sul tradizionale, la situazione tipo è quella dei tuoi amici che hanno
un altro amico single e cercano di propinartelo, presentandotelo come l’ultimo
esemplare di uomo meraviglioso ancora esistente (ma perché è ancora libero
allora?). Ai loro occhi sei una donna precocemente invecchiata e acida in crisi
di astinenza. Per questo ti vogliono rifilare il single di turno.
Ma mi chiedo e vi chiedo: oggi giorno, per le donne della mia età, 40 anni, è
più facile essere travolte da un treno che trovare un uomo disponibile ad
impegnarsi? Cosa ci offre il mercato?
Vediamo :
– I pezzi "meglio", come li definisco io, sono stati
già presi.
– Quelli che hanno superato i 40 e sono ancora single. Pensi subito che un uomo
a quell’età non dovrebbe essere più sulla piazza, se così appetibile sul
mercato. Allora ti sorge il dubbio che abbia delle perversioni, problemi
psichici, incontinenze sentimentali, manie ecc…
– Quelli “troppo” (almeno così pare), con i quali non provi neppure a lanciare
uno sguardo ammiccante perché sai in partenza che lui si girerà vero la
scollatura più importante.
– Quelli non ancora pronti, reali o apparenti, che non sanno cosa vogliono, che
sono nella famosa fase di transizione o confusione, post trauma della storia
precedente.
– Gli omosessuali. Sarebbero perfetti, compagni meravigliosi. Attraenti, con
una sensibilità femminile, ma con il punto di vista maschile. Lì non sfondi.
Penosi i tentativi di fargli cambiare idea. Non provateci!
Non è un mondo per single mi viene da dire. Ciononostante si sopravvive in
questa realtà ostile piena di pacchetti vacanze per coppie, cene per due,
massaggi per due, camere matrimoniali a go go (non esistono quasi più le
singole), e cibarti al supermercato diventa più caro che andare in gioielleria
(tutte confezioni formato famiglia).
Non ho scritto questo pezzo per invidia o gelosia verso i miei amici e non,
fidanzati piuttosto, per prendere le distanze in modo ironico, ma consapevole.
Vi lascio con questa domanda. Essere single: legittima difesa, scelta o
ripiego? Cominciate voi che io vi seguo… Potete scrivermi a psicogaia18@yahoo.com
Care amiche (e amici maschietti😁 se ci siete battete un commento😆!) sono molto felice di annunciare un "sodalizio blog" che profuma di vaniglia e di altre cose buone. Molto buone.
Del resto qualcuno che si prendesse cura delle vertigini di Viola dovevo trovarlo prima o poi no?
Ebbene, sono stata molto fortunata. Ho scelto il meglio ;)
Inizia da qui uno spazio "in affitto" tutto per PsicoGaia, alias Gaia Parenti, Psicoscrittrice in "prima linea" tra le corsie web del cuore e non solo.
Perché le nostre vite, la mia, la sua e quella di Viola ovviamente incasinate lo sono non poco. Eh sì, certo ci vuole il caos per far nascere una stella danzante ma...se ogni tanto qualcuno ci aiutasse a sistemare meglio i cassetti di pensieri incasinati? Chissà, magari la stella danzante la avvistiamo prima.
Quindi spazio a Gaia e alle sue "Vertigini del cuore" per capire se Adamo ed Eva 2.0 saranno davvero capaci di giungere ad un compromesso. Magari stando alla larga dalle Renette del Tirolo.
"Le vertigini del cuore" a cura di Gaia Parenti (#psicoGaia)
Ed eccomi qui atterrata in questo blog per occuparmi
delle Vertigini del cuore, le mie, ma sopratutto le vostre, se vorrete
"approfittare" della mia disponibilità nell'accompagnarvi in un
cammino dallo slogan "salviamo le principesse dalle vertigini", perché
ancora ad aspettare sotto la finestra l'uomo "prendimi e portami via"
(credo se ne sia già andato da mo’). Mi sono innamorata di Viola “al primo
morso”, nel frattempo ho buttato via la
mela di Biancaneve…
Ma andiamo con ordine. Intanto, chi sono?
Gaia, psicologa per missione e per passione. Non
esercito la professione in modo classico, preferisco qualcosa di più
movimentato, difatti ho scelto di diventare una PsicoScrittrice e Psicologa in
prima linea, nel pronto soccorso del web, e fortunatamente a casa di Viola
(spero di non sporcare troppo, difatti mi sono levata subito le scarpe appena
entrata).
Mi ritengo una sopravvissuta dell’amore e mi diverto ad esercitare la scoperta
dell'universo maschile e femminile in tutte le sue sfaccettature. Talvolta scomoda,
perché rompo le acque "apparentemente calme", ai nostalgici dei
sentimenti e ai sentimenti. Dobbiamo farcene una ragione; per quanto sia ancora
incomprensibile, e per molti inaccettabile, Adamo ed Eva stanno pareggiando i
conti in fatto di problemi del cuore (e forse anche al cuore), e problematiche
di disagio affettivo... (sono una psicologa seria, anche se non sembra).
Quindi sono qui, con voi; con Viola, con me stessa, e
con la voglia di raccontarmi, raccontare, ascoltarvi, e ascoltare, attraverso
le Vertigini dal cuore , le vostre
storie, il vostro cuore, le vostre richieste di sostegno, dispensando pillole
di prevenzione amorosa, di terapia durante la manifestazione del sintomo, di
cura per non ricascarci. Per il resto non mi voglio scoprire, anche perché il
tempo non me lo concede. Sarete voi, se vorrete, a capire chi è PsicoGaia.
Un antipasto ve lo offro. Sono nata e cresciuta nel Diario di Adamo di Vanity Fair con la mia rubrica “PsicoGaia” , e continuo a
passeggiare in quel giardino quando e mi è possibile curo anche una sezione di benessere su Vanity Fair.it . Appoggio i miei piedini, sempre molto
educatamente, indossando l’abito di un’audace antropologa della psiche
femminile e maschile,
trattando talvolta con molta ironia, talvolta con molta serietà temi di
psicologia a 360°.
A breve andrò in sala parto per dare alla luce il mio primo libro. Un
bugiardino pratico (da portare nella vostra bag), che vuole sbugiardare qualche
maschietto e mettere al riparo, con cure amorevoli, le affezionate del
principio “in amore, troppo è ancora poco”.
Nell'attesa, se vi va possiamo farci compagnia qui. Io
e Viola siamo già sedute comodamente sul divano (io con il telefono accanto per
rispondervi), pronte a mettere penna e naso tra le contrazioni della vita e
chissà magari anche a rompere le scatole e mare agitato dei sentimenti. Sempre
così incasinati. Il mio desiderio più grande è quello di far nascere in voi,
una nuova consapevolezza: gli uomini sbagliati o non adatti esistono, ma perché
andarseli a cercare a tutti costi?
Se vi va di scrivermi come vi va e quando vi va potete farlo a psicogaia18@yahoo.com
Venerdì
13 Appartamento
nella ridente periferia torinese.Ore
20,00 circa -Interno -Cucina.
Affetto zucchine e sbatto uova mentre, sullo schermo, un
panciuto imbonitore tenta di convincermi ad acquistare un dissipatore da
lavello.
Arriccio il naso pensando alla presenza inquietante di quel
Mostro Tritatutto sotto al lavandino.
Mi impressiono con facilità tanto che ho fatto portare via
il ceppo di coltelli dalla cucina.
Vederlo lì, apparentemente innocuo tra poggiamestolo e
guanti da forno mi dava l'ansia. Faceva troppo film horror. Stesso motivo per
cui aborro le tende da doccia, i tricicli e i lunghi corridoi.
E proprio mente penso alle mie paure tutto cambia: il
frullino si affloscia, l'imbonitore tace, la luce scompare.
Black out. Con tanto di colonna sonora però. Sento un
cigolio acuto e prolungato. Simile ad un miagolio stridulo e acuto che
accompagna la porta del soggiorno che si apre lentamente. Il sangue si
trasforma in un polaretto alla ciliegia. Anche perché io non possiedo nessuno
gatto.
Avverto come un'inquietante metamorfosi in quella che fino a pochi istanti
prima era la mia casa dolce casa: mi sembra che i paciosi putti sulle mensole
assumano un ghigno satanico e la bambolina
souvenir dei tropici, senza volto, inizi a roteare su se stessa. Non mi era mai piaciuta in effetti.
Poi un tac. Un
nuovo colpo. Secco. Che a momenti ci resto secca anche io che nel sobbalzo
rischio di decapitarmi la falange.
Che diavolo sarà?
Passo in rassegna manifestazioni paranormali, possessioni
demoniache e presunti squartatori assassini.
Il cuore in rafting lancia segnali di MayDay . Qualcosa con un cappuccio nero in testa
si sta materializzando in soggiorno.
Indietreggio verso l'angusto cucinino tastando affannosa
alla ricerca di un qualsiasi oggetto più o meno contundente.
La Cosa intanto, avanza nel buio del mio soggiorno con
inusuale agilità.
«Tutto bene?» mi domanda.
Ah guarda. La Cosa
cerca anche di instaurare un dialogo. E pretende del cibo. Un classico. Si
socializza con le vittime per carpirne la fiducia e poi farne del
sushi.
Ma io non ci casco. Agguanto anche un cucchiaio di legno e mi preparo a lottare
per la mia incolumità quando un fascio di luce mi esplode in viso.
Oddio l'invasione degli Alieni. Chissà se gli piace la
frittata di zucchine.
Tengo gli occhi ancora chiusi e La Cosa inizia a toccarmi.
«Mamma? Mamma ma che hai?»
Lentamente li riapro e solo allora comprendo che La Cosa ha
in realtà le generalità della mia primogenita.
«Mi hai fatto prendere un colpo», riprendo fiato cercando
di rianimarmi su una sedia, «Non dovevi essere al cinema?»
«Sì, ma tutti gli horror erano sold out. C'erano solo posti
per Oceania .Ti pare?», e fa una smorfia di disgusto, «Mi cerco qualcosa in
streaming va», e scompare chiudendo la porta che, ovviamente adesso di cigolare
non ci pensa nemmeno.
In fondo la capisco anche. L'indigestione da scary
movie è tappa obbligatoria. Quasi un
rito adolescenziale che sta cronologicamente tra La Prima Comunione e La Cresima. Andate e
vedetene tutti.
Che tanto con le paure prima si impara a fare i conti e
meglio è.
Io per esempio ho avuto una formazione precoce sul campo
grazie alla convivenza forzata con "La bambola che cammina".
Uno dei miei incubi peggiori: una creatura in plastica,
gomma e pupille cerulee alta quasi quanto me, giunta in dono mentre soffiavo
otto candeline.
Poteva essere un bel regalo se sognavi un futuro nel magico
mondo della riabilitazione fisioterapica, perché per farla camminare dovevi
passarle una mano sulla schiena e spingere nel modo giusto l'arto inanimato
affinché le gambe spingessero in avanti. Ma per me, che ho sempre odiato Candy Candy - vuoi mettere Lady Oscar? - e le
sue compari, non ci fu regalo peggiore.
Quell'essere sobillava gli aspetti più tetri della mia fantasia: di
notte tremavo in preda al terrore pensando che non appena mi fossi addormentata
quella mi avrebbe fatto a fettine.
Riuscii, con grande stupore dei miei, «Come sarebbe che non
ti piace? È così… grande!», a farla sloggiare in camera da letto. Dove venne
poi riciclata come inquietante poggia abiti.
Fino a quando mia madre non andò in fissa con la forma
fisica e allora acquistammo una cyclette.
Il manubrio in effetti permetteva di agganciare con
facilità una serie di pantaloni e giacchette che Bambola che Cammina non si
sognava nemmeno.
Finì in balcone, accanto ai gerani e alla cassetta degli
attrezzi.
Restò lì non so per quanto tempo, avvolta da un cellophane
trasparente. Ogni volta che sbirciavo dalle tendine le richiudevo in fretta: mi
pareva di avere una salma da terrazzo.
Nessun colombo osò
più mettere l'ombra di un becco sul nostro balcone.
Diventai grande sperando nell'irruzione dell'FBI e di una
tazza di Ciobar con Fox Muller.
Non accadde mai. Mi ritrovai invece su poltroncine anguste,
aroma di olio di semi, con fronte-naso-occhi spiaccicati sulla spalla del fidanzatino di
turno molto meno avvenente, mentre Freddy
Kruger si sfilettava il malcapitato di turno in alta definizione.
Del resto con gli artigli ferrosi dovevo ancora prenderci
confidenza. Mi aiutò Edward Mani di forbice e sopratutto il poster a doppia
pagina di Johnny Depp, omaggio di una fanzine insieme a un gloss alla fragola.
Mi passavo sulle labbra quella pallina girevole e tempestavo
il poster, appeso con cura in cameretta, con una cascata di baci liquidi al
profumo di fragola.
E finalmente la paura si era tramutata in qualcos'altro. Di
decisamente più piacevole.
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